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Chirurgia e Dolore, l'ipnosi si fa strada in sala parto e dal dentista

di Irma D'Aria
 
Entrare in sala operatoria senza anestesia, ma in stato di ipnosi per rimuovere un tumore al seno. È la scelta fatta da oltre 70 pazienti all'istituto Curie di Parigi, in Francia, dove da qualche mese alle pazienti viene chiesto se preferiscono essere operate in modo tradizionale o con la tecnica ipnotica. Anche quando si tratta di mastectomia totale, per l'asportazione completa della mammella, intervento più pesante rispetto alle asportazioni parziali e con una maggiore durata operatoria. Quella dell'anestesia ipnotica è una via possibile - in alcuni tipi di intervento e con pazienti idonei - che oggi comincia ad essere sperimentata con successo anche se in realtà i primi casi risalgono addirittura alla metà dell'800.

I "casi italiani" di anestesia ipnotica - Il primo intervento "maggiore" in Italia è stato fatto nel 2013 su una paziente affetta da tumore della pelle e sedata con la sola anestesia ipnotica, tanto che il caso è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Anaesthesia. La paziente era una donna di 42 anni che presentava diverse allergie a sostanze chimiche nonché precedenti reazioni anafilattoidi all'anestesia locale. "La donna è stata sottoposta a rimozione di un tumore della pelle alla coscia destra con la sola ipnosi come anestesia" spiega Enrico Facco, docente di Anestesia e rianimazione del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Padova e autore del libro "Meditazione e ipnosi. Tra neuroscienze, filosofia e pregiudizio" (Edizioni Altravista).

"L'ipnosi è stata indotta facendo chiudere gli occhi e contemporaneamente - spiega Facco - suggerendo verbalmente la realizzazione di uno stato di rilassamento e senso di benessere. Successivamente l'ipnosi è stata approfondita facendo immergere la paziente nell'immaginazione di un paesaggio piacevole e creando un'analgesia ipnotica focalizzata nella sede dell'intervento". Una rivoluzione in campo anestesiologico, soprattutto in casi selezionati, come questa paziente che presentava una forte sensibilizzazione ai farmaci e un grave rischio di reazioni allergiche. "Si tratta di un caso che conferma l'efficacia dell'ipnosi come solo metodo anestetico in casi selezionati, preservando il paziente dal dolore e dallo stress chirurgico al pari degli anestetici comunemente usati" sottolinea Facco.

Un'altra sperimentazione è avvenuta lo scorso luglio all'ospedale San Martino di Oristano, nell'Unità Operativa guidata da Antonio Caddeo, che ha impiantato un defibrillatore automatico nel torace di una paziente che, anziché essere sottoposta ad anestesia generale, è stata ipnotizzata. Si è ricorso all'ipnosi per via delle condizioni di salute della paziente. "Tutto si è svolto come di routine per ciò che riguarda l'intervento",  hanno raccontato i medici che hanno eseguito l'operazione, "la peculiarità ha riguardato la parte introduttiva, quando gli ipnologi, parlando alla paziente attraverso delle cuffie auricolari, l'hanno fatta cadere in uno stato di ipnosi profonda, un processo che ha richiesto circa venti minuti". Quindi l'equipe medica della Cardiologia ha potuto procedere nell'impianto del defibrillatore in assoluto silenzio. Al termine dell'intervento, che nel complesso è durato circa un'ora, la paziente ha dichiarato di ricordare tutto, ma di non aver sofferto: tutti i parametri vitali si sono mantenuti costanti, non c'è stato l'incremento di pressione e anche il sanguinamento è stato meno abbondante del solito.

I vantaggi dell'ipnosi - Con l'ipnosi si riduce l'ansia in pazienti particolarmente esposti a questo problema, in maniera efficace e senza ricorrere a farmaci, consentendo così di eseguire manovre invasive e piccoli interventi in anestesia locale inducendo uno stato di benessere. Inoltre, affermano i sostenitori della metodica,  è uno strumento in grado di rendere il paziente capace di affrontare meglio qualsiasi terapia invasiva in modo del tutto fisiologico, sempre disponibile e privo di costi: da sola o in aggiunta all'anestesia farmacologica, l'ipnosi può quindi consentire di migliorare il rapporto costi/benefici e la qualità globale delle cure.

Il ricorso all'ipnosi risulta particolarmente vantaggioso in ambito odontoiatrico visto che secondo i dati del M. Erickson Institute di Torino, il 75% dei pazienti sulla poltrona dell'odontoiatra è spaventato, il 20% riporta sintomi somatici e il 15% ha l'ansia. "Questi pazienti - spiega ancora Enrico Facco - , trattati con terapia ipnotica, presentano da un lato uno stato di rilassamento che tiene sotto controllo il manifestarsi dell'ansia, dall'altra la loro soglia del dolore si alza significativamente, permettendo loro di percepire le temute manovre odontoiatriche in modo assolutamente sopportabile. Non solo, con l'ipnosi si può 'allontanare' il paziente dallo studio, ovvero dal luogo in quel momento temuto, indurre un grado variabile di amnesia delle fasi dell'intervento e mantenere una buona stabilità cardiocircolatoria".

Quando si può fare l'anestesia ipnotica - I successi ottenuti e gli studi condotti non devono farci concludere, però, che l'ipnosi possa sostituire l'anestesia farmacologica: "La gran parte della chirurgia, come ad esempio quella addominale e toracica e in generale la chirurgia maggiore, richiede un'anestesia generale perché il dolore chirurgico può essere di forte intensità e non c'è ipnosi che tenga" chiarisce Giuseppe De Benedittis, Direttore del Centro Interdipartimentale per la Terapia del Dolore dell'Università di Milano e vice-presidente della Società Italiana di Ipnosi. "L'ipnosi può andar bene, invece, per la chirurgia mini-invasiva, per esempio in traumatologia, per la tiroide, in certi casi di neurochirurgia encefalica o per il parto perché può aiutare le donne a sopportare meglio le contrazioni del travaglio". L'ipnosi può anche aiutare a potenziare l'effetto del farmaco anestetico. In questi casi è sufficiente usarne una quantità pari al 30% del trattamento classico: ciò migliora anche la qualità dei risveglio. Ma anche il paziente deve presentare determinati requisiti: "Bisogna valutare la suscettibilità ipnotica del soggetto, cioè la sua capacità di entrare in trance profonda. Si tratta di una 'dote' che statisticamente ha solo il 10-15% della popolazione generale" chiarisce De Benedittis.

Gli altri campi di applicazione - L'ipnosi può essere talvolta l'unica chance di affrontare un intervento chirurgico per i pazienti che sono allergici o anche solo intolleranti all'anestesia farmacologica. Ma ci sono anche altri ambiti di applicazione: "Può essere di grande aiuto anche nel cosiddetto dolore procedurale, cioè per i trattamenti diagnostici e terapeutici invasivi e dolorosi come, per esempio, le mielografie" spiega De Benedittis. L'ipnosi viene usata con efficacia anche per il trattamento della fibromialgia, delle cefalee e dei vari disturbi psicosomatici, dalla sindrome del colon irritabile ai disturbi del comportamento alimentare come anoressia e bulimia. E poi c'è la ricerca: "Da circa una decina d'anni, la comunità scientifica internazionale ha iniziato a usare l'ipnosi come una sonda affidabile per l'esplorazione del sistema nervoso centrale e dei suoi meccanismi di funzionamento" spiega l'esperto. Per esempio, è possibile con l'ipnosi riprodurre la situazione dell'isteria e capire così - grazie alle tecniche di neuroimaging - come si comporta il sistema nervoso nei pazienti affetti da questa nevrosi.

L'analgesico che non spaventa - Ma il campo nel quale l'ipnosi è forse più utilizzata è quello del dolore. Lo dimostrano numerosi studi tra cui quello condotto presso l'Università di Padova e pubblicato sulla prestigiosa rivista "International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis". La ricerca, condotta su 31 soggetti di entrambi i sessi, ha messo in evidenza come l'ipnosi sia in grado di aumentare notevolmente la soglia del dolore. "E' stata valutata la soglia del dolore tramite stimoli elettrici applicati ai denti premolari dell'arcata inferiore destra e sinistra prima, durante e dopo ipnosi. E' stata poi indotta l'ipnosi e somministrata una forte suggestione di analgesia localizzata nell'arcata dentaria inferiore destra" spiega il professor Facco, titolare della ricerca. "La soglia del dolore nell'arcata inferiore destra era significativamente aumentata durante ipnosi, con un incremento medio del 220%; era aumentata anche a sinistra, ma a un livello nettamente inferiore". Ai soggetti è stato dato inoltre un comando post ipnotico di analgesia residua per la durata di 15-20 minuti, proprio come succede dal dentista quando l'effetto dell'anestesia è ancora presente ma comincia a scemare.

La tecnica dell'ipnosi - Ma in che modo l'ipnosi riesce a controllare il dolore agendo da anestetico? "Una delle ipotesi più accreditate è che si formi una sorta di scissione nella nostra coscienza: è come se una parte non sentisse il dolore, ma c'è un'altra parte della coscienza che in realtà registra il dolore. Ecco perché se andiamo a misurare i parametri fisiologici più importanti come la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e quella respiratoria sono alterati come accade quando si prova dolore" dice De Benedittis. Le metodiche per l'ipnosi anestetica sono diverse: vanno dalla visualizzazione di effetti luminosi all'oscillazione del pendolo, ma la tecnica più utilizzata è quella della stimolazione verbale che consiste in una successione di frasi percepite dal paziente come dei sussurri verbali che inducono uno stato di torpore e calma. La fase pre-anestetica dell'ipnosi dura appena 6 minuti durante i quali una piccola quantità di farmaco viene iniettata nell'organismo del paziente. L'uso del farmaco anestetico in questo preciso momento viene fatto per annullare eventuali resistenze del paziente all'ipnosi.

Dalla magia alla clinica - La storia dell'ipnosi risale a secoli fa, mischiandosi e confondendosi con la magia. Già Esdale nel suo "Mesmerism in India, and its Practical Applications in Surgery and Medicine", pubblicato nel 1846, riporta con dovizia di dettagli la descrizione di oltre 300 casi di operazioni chirurgiche condotte sotto ipnosi come solo metodo anestetico. "L'interesse per l'analgesia ipnotica  - racconta Facco - si è poi affievolito, a partire grosso modo dal 1860, quando la disponibilità dei primi anestetici farmacologici come protossido d'azoto, etere e cloroformio ha finito per creare un curioso scambio delle parti: infatti queste sostanze, usate inizialmente nello spettacolo e nei ricevimenti come gas esilaranti, sono entrati negli ospedali come anestetici, mentre l'ipnosi, ripudiata dalla classe medica, è uscita dagli ospedali per finire nei teatri, nelle mani degli ipnotisti da spettacolo". L'ipnosi, tra l'altro, non è un'esclusiva degli uomini perché riguarda anche diversi animali: "I conigli ad esempio possono essere facilmente ipnotizzati, cosa che mi ha permesso di utilizzarla in uno studio sperimentale sulla myasthenia gravis all'inizio della mia carriera, mentre le tartarughe caretta-caretta vanno spontaneamente in ipnosi durante la deposizione delle uova"  conclude l'esperto.